Il Brigantaggio Uccianese |
Nel 1860 dopo la caduta dei Borbone e la conseguente annessione del Regno delle Due Sicilie al nuovo stato d’ Italia, la popolazione meridionale cominciò ad esprimere il suo dissenso nei confronti della nuova classe politica. Di lì a poco in tutto il meridione insorsero diversi paesi e si formarono varie bande armate FORMATE DA EX MILITI DELL’ ESERCITO BORBONICO, DISSIDENTI POLITICI e RENITENTI alla leva. L’impervia natura morfologica delle aree interne del meridione permise di trovare ottimi rifugi dove nascondersi dalla Guardia Nazionale e sfuggire all’ esercito piemontese. Tali aree rappresentavano i luoghi ideali dove studiare assalti e rapine volte ad indebolire le facoltose famiglie filo liberali e l’esercito sabaudo. La reazione brigantesca venne in parte sovvenzionata dai comitati filo borbonici e dai possidenti terrieri a cui la rivoluzione non aveva giovato. Un ruolo di primissimo ordine, in tal senso, venne svolto anche dalla Chiesa che in quel periodo aveva perso molti privilegi.
Il monte Taburno permise la dimora ad oltre 10 bande tra le quali la più temuta era quella di Cipriano La Gala che poteva contare sul supporto di oltre 300 uomini. Altre bande degne di nota erano quelle di Aurelio Ricciardi di Airola, Luciano Martino di Cautano, Tommaso Romano da Limatola e, fra le più sanguinarie, figura quella di ANDREA DE MASI di BUCCIANO detto MISERIA che operò per circa tre anni.
La prima comparsa della banda MISERIA al grido di Francesco II avvenne a Bucciano la sera del 22 Maggio 1861. Gli appartenenti alla banda assalirono i posti della guardia nazionale impossessandosi di armi e di munizioni ed abbattendo lo stemma SABAUDO. Nella stessa circostanza sostituirono il tricolore con la bandiera BIANCA rappresentante il Regno delle due Sicilie. Diversi sono gli episodi di razzie perpetuate ai danni di privati e di personaggi pubblici tra i quali spicca il nome del sindaco Michele De Blasio. L’abitazione del sindaco, infatti, ubicata in via San Giovanni (attuale abitazione di Carlo Iuliucci), fu data alle fiamme dai rivoltosi; in tale circostanza si racconta anche di un gesto eroico da parte degli assalitori che riuscirono a salvare dalle fiamme un bambino che si trovava all’interno della casa del primo cittadino. Altri episodi di ritorsioni si registrarono ai danni del sindaco il cui gregge, ammontante a circa mille capi, fu decimato. All’alba del 4 Ottobre Andrea De Masi e la sua banda tentarono di riassaltare i posti della guardia nazionale di Bucciano ma questa volta furono respinti ed il Miseria, dopo essere stato ferito, ripiegò verso il monte Taburno dove si nascose fino alla data della sua cattura. Agli inizi del 1863, infatti, fu arrestato con l’accusa di aver partecipato alla requisizione di Laiano ed all’attacco di Pontelandolfo nei confronti della Guardia Nazionale, e fu condotto nel carcere di Benevento da dove evase clamorosamente il 14 luglio del 1863. In seguito all’evasione ritornò sul Monte Taburno, dove si attivò per riorganizzare una banda ormai ridotta a pochi elementi (16 uomini). Per finanziare la loro attività di brigantaggio, la banda, organizzò i sequestri di Pasquale Combatti di Bonea, il 25 settembre del 1863 nei pressi della chiesetta di San Biagio in Bonea, di Girolamo Buonanno di Moiano, di Angelantonio Di Stasi di Bucciano, la notte fra il 29 e il 30 settembre del 1863 nei pressi del mulino del Fizzo in Bucciano, di Domenico Compare di Montesarchio, il 14 ottobre del 1863 sulla strada che da Airola conduceva a Montesarchio, rilasciato dopo tre giorni a seguito del pagamento di un riscatto di 100 ducati, e di Giacomo Perna di Laiano in località Perreto di Moiano il 22 ottobre del 1863. La fervida attività di rapimenti, suscitò clamore all’interno della Guardia Nazionale che cominciò a scandagliare in maniera massiccia il territorio del monte Taburno e di Bucciano, alla ricerca della Banda. Il Miseria, sentendosi braccato, decide a quel punto, con l’aiuto del brigante Taddeo di Cervinara, di spostarsi dal monte Taburno e di trovare ricovero nel Partenio. La loro alleanza ebbe però breve durata, a causa della rivalità tra i due capibanda. Ritornato al Taburno, Andrea De Masi stringe alleanza con il capobanda di Montesarchio Giovanni Mauro. Questa alleanza dura fino a quando Mauro minaccia di vita il MISERIA per conto di TADDEO (in figura). Infatti, a seguito di tale affronto, il MISERIA, non sentendosi più al sicuro, decide di esiliare a ROMA dove trova l’accoglienza di COSIMO GIORDANO.
Al processo di Caserta la banda MISERIA fu accusata delle uccisioni di Sebastiano Ruggiero (sospetto di aver guidato le truppe durante il rastrellamento), della guardia nazionale Eliseo Formato e di Cesare Marcucci, che perse la vita, assieme ai figli Cosimo e Giuseppe, nell’incendio della propria abitazione. Furono altresì accusati di estorsione e ricatti ai danni di diverse persone tra i quali: Vito Benedetto, il sacerdote Antonio Buonanno, Pasquale De Blasio (di Bucciano), Salvatore Fuccio, Giuseppe Lombardi, Clemente Oropallo, Vincenzo Petti, Francesco Schettino (farmacista di Bucciano), Felice Antonio Tedeschi, Giacomo e Sebastiano Viscusi. Fra gli arrestati della banda miseria con l’accusa di connivenza compare anche la donna Lucia Quarantiello.
La banda miseria era così composta:
Andrea De Masi di Pastorano (alias Miseria) capobanda Andrea Amoriello Michele Ciervo Raffaele De Masi Giuseppe De Palma Giuseppe Esposito Gianbattista Falco Michele Massaro Pietro Massaro Domenico Mauriello Andrea Mauro Giovanni Mauro Luigi Napolitano Giorgio Papa Michele Papa Vincenzo Papa Nicola Parrella Filippo Pietrosanto Biagio Rippucci Giuseppe Rossi Francescoantonio Ruggiero Domenico Saccone Michele Salzano Domenico Truppi Pasquale Castaldo Francesco Mauro (alias SCIALATO di Pastorano) Nicola Cesare Giuseppe Cutillo Luciano Il Tromba Francesco Izzo Mattia Lombardi Michele Lombardi Biagio Luciano Filippo Maione (alias GALEOTA calzolaio di Pastorano) Angelo Mauro Nicola Mazzone Michele Paolo Giuseppe Pisani Felice Sacco Andrea Viscusi Antonio Mauriello
Mauro Francesco alias SCIALATO, uno dei pochi superstiti della banda miseria, passò il resto della sua vita sul Taburno nella grotta “ U VALLANES” dove visse barattando legna e fieno in cambio di pane e di vino. Quando si accorse che i suoi giorni giungevano al termine chiese ed ottenne due pezzi di pane bianco che usò come cuscino durante la sua morte. La notizia della morte del Mauro indusse la gente ad informare i carabinieri che si recarono sul posto; Mauro era di costituzione robusta, alto e con dei baffi particolarissimi , tant’è che il maresciallo nel vedere la salma esclamò: ”se questa testa me la facessero tagliare io la imbalsamerei”. Il corpo inanime fu riposto sopra una fascina di legna, che ne consentì un trasporto più agevole. |