Gli acquedotti di Bucciano |
Il massiccio del Taburno situato ad ovest di Benevento e dell’Appennino campano è prevalentemente costituito da rocce di origine calcarea; tale caratteristica ha permesso nel corso dei secoli la formazione di moltissime sorgenti. Le sorgenti del monte Taburno più importanti, sia a livello di dimensioni che a livello storico, sono quelle del Fizzo, sfruttate sin dall’epoca romana mediante la costruzione dell’acquedotto Giulio. Di seguito vengono riportati gli acquedotti presenti sul territorio buccianese.
L'ACQUEDOTTO GIULIO
L’acquedotto Giulio è stato fonte di ispirazione sia per Cesare Carmigliano nel 1627 che per Luigi Vanvitelli nel 1753, realizzatori dei rispettivi acquedotti. I resti dell’acquedotto Giulio, sono visibili ancora oggi in località ‘uccianiello (Bucciano), località Gavetelle (Bucciano), sulla superstrada fondo valle Isclero all’altezza del comune di Airola, in località parata di Airola e a Cirignano di Montesarchio.
L' ACQUEDOTTO CARMIGLIANO
Nel 1627, l’ing. Ciminelli ed il nobile Cesare Carmignano dopo la bonifica di Terra di Lavoro e la riscoperta delle sorgenti del Fizzo, decisero di sfruttare tali sorgenti per risolvere il problema idrico di Napoli. Le sorgenti del Fizzo alimentavano l'acquedotto attraverso un canale esterno (presumibilmente "Fosso Maestro" in località Uccianiello) che si immetteva poi nel fiume Isclero. La realizzazione del condotto fu curata direttamente da Ciminelli che realizzò l’opera in due anni, provvedendo al restauro di un tratto del vecchio acquedotto Giulio che diede la spinta decisiva al loro progetto, e al recupero delle acque dell’Isclero nei pressi della località catena di Sant’ Agata de Goti. L’acquedotto è ancora visibile al mulino mastro marco di Sant’Agata de Goti, dove continuava il suo percorso all’aperto. Lungo il suo percorso il carmigliano alimentava mulini dediti alle macine, fontane ed alcuni lavatoi pubblici in uso ancora oggi.
L'ACQUEDOTTO CAROLINO
Lungo il percorso, l’acqua alimentava mulini, lavatoi ed inoltre, giunta a Caserta attraverso un condotto secondario, alimentava le ruote dei torcitoi di San Leucio. Giungeva, inoltre, ai giochi d’acqua della reggia e, dopo aver attraversato il bosco vecchio, le sistemazioni della Castelluccia e della peschiera grande, attraverso un condotto, raggiungeva la tenuta del Carditiello dove veniva destinata per l’allevamento degli animali e all’irrigazione dei campi. Durante la realizzazione della sua opera, Vanvitelli incontrò nel territorio di Moiano l’antico acquedotto Giulio. L’acquedotto Carolino inizia con le tre sorgenti del Fizzo, le più copiose, che da sole alimentavano l’antico mulino del Fizzo (visibile ancora oggi) e continua con le sorgenti carcarella e ficucella. Durante il percorso si collegano le sorgenti Noce, Fico, Molinise, Sambuco, San Sebastiano, Volla, Rapillo, Peschiera del duca e Matarano che l’acquedotto Giulio non sfruttò durante la sua costruzione. Tutte le sorgenti citate sono presenti sul territorio di Bucciano. L’acquedotto Carolino nel 1997 è stato dichiarato patrimonio dell’ UNESCO, definito come la più grande opera di ingegneristica del 700. Il costo del Carolino fu 622.424 ducati. La costruzione iniziò nel marzo 1753 e terminò 17 anni dopo nel 1770. La sua lunghezza era di 38.480 km.. Le sorgenti partivano dalla quota di 254 s.l.m. Con una pendenza di 0.5mm per metro giungevano alla cascata della reggia ad un altezza di 203.50 s.l.m. con una portata di 700l al secondo. La costruzione del carolino incontrò nel tratto iniziale una serie di difficoltà dovute alla morfologia paludosa del territorio,infatti, costrinse il Vanvitelli ad interventi di palificazione del territorio che consentissero la continuità dei lavori Durante la costruzione del ponte Carlo III (ponte Amalia), presente ancora oggi sul territorio di Bucciano, furono inserite nelle fondazioni diverse monete. |